La noia fa bene? Il valore del tempo vuoto nei bambini

I genitori spesso si sentono responsabili della noia dei propri bambini, come se fosse qualcosa da evitare anziché qualcosa da vivere come spazio fertile per l’immaginazione e la consapevolezza.

La noia è un’emozione che si prova in mancanza di stimoli o interessi esterni, che può verificarsi in modi differenti come irrequietezza, disinteresse e apatia. Dal punto di vista cognitivo, è associata al tempo che passa lentamente, alla difficoltà di concentrarsi e prestare attenzione.

Secondo il filosofo M. Heidegger esistono due tipologie di noia:

1. NOIA SUPERFICIALE:

può essere colmata con delle attività che ci danno una scarica immediata di dopamina, ovvero l’ormone della felicità, ma che nel lungo tempo non ci soddisfa più.

2. NOIA PROFONDA:

ci permette di riflettere sulla nostra vita e metterci in discussione.

Molti studi ritengo che la noia sia un’emozione che permette la motivazione e incoraggia verso un nuovo obiettivo. Nel momento in cui un obiettivo viene raggiunto, bloccato o perso, spunta la noia come indicatore che ci permette di comprendere che è il momento per poter passare ad altre attività. Questo cambiamento dell’attività può avvenire attraverso strategie cognitive o comportamentali come il sognare ad occhi aperti o il divagare con la mente, cercare distrazioni o semplicemente l’addormentarsi.

La noia è causata da diversi fattori. Prima di tutto possiamo trovarci di fronte ad una situazione di sotto-stimolazione o sovra-stimolazione che possono rendere difficile la concentrazione. Questi due elementi sono strettamente collegati con gli stati emotivi, come ansia, stress, depressione.

Un’altra causa può essere l’isolamento o la solitudine perché ci sentiamo disconnessi dagli altri e quindi non partecipiamo  ciò  che accade attorno a noi. Diversi studi dimostrano che anche l’età è un fattore che causa la noia: più si è giovani più è probabile annoiarsi.

Naturalmente, come ultima causa, vi sono il disturbo da deficit di attenzione e iperattività, comunemente chiamato anche ADHD, in cui le persone fanno fatica a mantenere la concentrazione poiché la loro soglia attentiva è bassa e pertanto sono più inclini ad essere annoiati.

 

Da diversi studi è emerso che la noia potrebbe essere riconosciuta anche come un tratto delle personalità. Per esempio, sembra che le persone più estroverse abbiano maggior bisogno di interazione sociale. Da uno studio è stato osservato che la noia può essere presente già nella prima infanzia e che questa viene affrontata in modo differente a seconda delle strategie che i bambini usano per fare fronte a questa situazione.

La propensione alla noia è un tratto di personalità molto rilevante nello studio della creatività e della curiosità. Molti studi suggeriscono che la noia funga da catalizzatore per le creatività spingendo così le persone a trovare modi nuovi e originali per superare situazioni in cui vi è un’assenza di stimoli.

Annoiarsi quindi sembra molto utile: il nostro cervello ha effettivamente bisogno di momenti di noia profonda, perché essa permette di stimolare la creatività, riposarsi, ricaricarsi e riflettere su quello che si vive durante la giornata.
Anche l’insoddisfazione che la noia porta con sè può essere utile, in quanto può fungere da motore che ci permette di produrre un cambiamento nella nostra vita, di muoverci da situazioni che non ci sono più comode e che non ci fanno sentire a nostro agio.

La noia va accolta e sfruttata e non solo sopportata!

A cura di: Dott.ssa Angela Camelio, psicologa psicoterapeuta responsabile del progetto di Sostegno psicologico in Reparto e del progetto nelle scuole.