Come spiegare la malattia ai bambini?

In questo articolo vorremmo approfondire alcuni aspetti legati alla comunicazione. Sappiamo bene che affrontare argomenti come la malattia o il percorso chirurgico, soprattutto quando si tratta di discuterne con i vostri figli, può essere una sfida molto impegnativa e generare difficoltà.

Spesso è un pensiero comune ritenere che i bambini non siano in grado di comprendere certe situazioni, portando a volte a evitare confronti diretti. Tuttavia, la nostra esperienza e la profonda sensibilità dei vostri figli ci insegnano che il silenzio, pur con le migliori intenzioni, rischia di creare maggiore ansia e confusione. I bambini, infatti, possiedono una sorprendente capacità di elaborare informazioni ed emozioni, e hanno bisogno di sentirsi compresi e di poter esprimere liberamente i propri sentimenti, anche quelli più difficili come paura, rabbia o tristezza.
Con questa consapevolezza, insieme alla dott.ssa Donatella Cociani, psicologa psicoterapeuta responsabile dell’Accoglienza di ABC, desideriamo offrirvi un ulteriore supporto nel navigare queste conversazioni fondamentali, ricordando che la vostra capacità di comprendere e guidare i vostri bambini è insostituibile.

I rischi del silenzio e le straordinarie capacità dei bambini

Parlare di malattia con i bambini non è facile: sono temi delicati, spesso considerati “da grandi”, e per proteggerli tendiamo a evitare spiegazioni dirette. In realtà, anche se certe situazioni sono difficili da gestire persino per noi adulti, il silenzio può creare più confusione che serenità. Spiegare in modo semplice e adatto alla loro età aiuta i bambini a sentirsi compresi e meno soli di fronte alla paura o all’incertezza.

Tacere di fronte a una malattia può sembrare un modo per proteggere i bambini, ma spesso ottiene l’effetto opposto. I più piccoli percepiscono cambiamenti e stati emotivi dei genitori anche se non vengono espressi, e il silenzio può generare in loro dubbi, ansia e malessere.


Molti adulti sottovalutano la capacità dei bambini di comprendere informazioni complesse e di elaborare le emozioni che ne derivano. Evitando di parlare, si nega loro la possibilità di dare un nome alle proprie sensazioni e di affrontarle, con il rischio che certi temi diventino veri e propri tabù.
I bambini, invece, sanno sorprenderci: hanno una notevole capacità di adattarsi e di dare un significato anche alle esperienze difficili. Ciò di cui hanno davvero bisogno è sapere che emozioni come paura, rabbia o tristezza sono naturali e legittime nella situazione che stanno vivendo.


Offrire spiegazioni semplici, sincere e proporzionate alla loro età li aiuta a sentirsi accolti, compresi e meno soli, trasformando un momento doloroso in un’occasione di crescita emotiva.

CHIAREZZA E ASCOLTO

Ogni bambino è diverso dagli altri, quindi non esiste una “formula magica” con cui parlare di questi argomenti; ogni bimbo e ogni situazione sono unici e nessuno più dei familiari, mamma e papà in particolare, può essere in grado di capire come approcciarsi a parlare della malattia. Molto dipende dall’età del bambino e dal suo grado di capacità di razionalizzare certe informazioni. Ad ogni modo, è importante rispettare i suoi tempi e soprattutto le sue reazioni.


Non è necessario dire tutto subito o essere troppo espliciti e diretti se si crede che il bambino possa sperimentare difficoltà a elaborare ciò che viene detto. Allo stesso tempo è importante dare informazioni chiare e comprensibili, ascoltando da lui cosa può essere più difficile o faticoso da comprendere. In questo modo non si lascia che si creino fantasie non corrispondenti alla realtà. Il bambino potrebbe, infatti, creare delle fantasie rispetto a ciò che gli viene comunicato, attraverso il cosiddetto “pensiero magico”. Quindi è fondamentale capire cosa lui stesso ha compreso e interpretato rispetto alla situazione, per dare il giusto valore all’idea del bambino ed eventualmente aiutarlo a darvi un nuovo significato.

In sintesi

I pensieri e le emozioni dei bambini vanno prima di tutto riconosciuti e accolti, per poi essere rielaborati insieme a un adulto. È fondamentale rispondere alle loro domande in modo chiaro e diretto, con la pazienza di ripetere anche più volte gli stessi concetti: il bambino può aver bisogno di tempo per comprendere davvero ciò che gli viene detto.
Coerenza e chiarezza sono essenziali: i genitori e i familiari dovrebbero concordare cosa comunicare e come farlo, così da evitare messaggi contrastanti che potrebbero confondere il bambino. Un’informazione condivisa e uniforme lo aiuta a sentirsi più sicuro e a interpretare correttamente la realtà che lo circonda.

Come adattare la comunicazione all'età del bambino?

Ogni età richiede un approccio diverso nella comunicazione sulla malattia:

  • Fino ai 3 anni: anche se non comprendono pienamente le parole, è importante coinvolgerli e farli sentire parte di ciò che accade. Sono molto sensibili ai cambiamenti emotivi e percepiscono ansie o tensioni familiari.
  • 3-6 anni: il “pensiero magico” può portarli a interpretazioni errate, perciò servono spiegazioni semplici e concrete, evitando metafore. In questa fase il pensiero è egocentrato: faticano a capire le reazioni altrui, ma ne percepiscono le emozioni.
  • 7-11 anni: il pensiero diventa più logico e curioso. Fanno domande specifiche e si aspettano risposte chiare e coerenti. È fondamentale ascoltare con attenzione e rispondere con sincerità.
  • Adolescenti: vivono un periodo di forti cambiamenti fisici ed emotivi, con possibili reazioni intense (rabbia, frustrazione, delusione). È utile affrontare il tema della malattia anche in modo esplicito, specie se coinvolge il corpo. Possono cercare informazioni online, rischiando di confondersi: accompagnarli nella lettura critica dei contenuti è importante per dare loro riferimenti sicuri.

Il vostro ruolo insostituibile

Per concludere, vorremmo sottolineare che spesso bambini e ragazzi non hanno le conoscenze anatomiche per capire cosa sta accadendo, quindi può essere utile spiegare in modo semplice come funziona il corpo e cosa provoca la malattia. È fondamentale chiarire che non hanno alcuna responsabilità, per evitare sensi di colpa o la sensazione di “essere sbagliati”.

In questo, la scelta del momento e del luogo è importante: meglio un ambiente tranquillo, rassicurante e privo di distrazioni, dove il bambino possa ascoltare, riflettere e porre domande liberamente. Questo aiuta a creare uno spazio sicuro in cui affrontare la conversazione con calma e chiarezza.

 

A cura di: Dott.ssa Donatella Cociani, Psicologa Psicoterapeuta responsabile del Progetto Accoglienza.