Preparare i bambini a vivere il rientro a scuola con serenità.
Mentre ci si gode ancora l’estate, nella mente di molti genitori probabilmente inizia a farsi sentire il pensiero del ritorno a scuola, al nido, alla routine… e con lui, la paura della separazione.
Perchè il rientro può fare paura
Per alcuni bambini e genitori, settembre non è solo il mese del rientro, ma anche quello del distacco.
Un passaggio naturale, ma carico di emozioni che non sempre sappiamo come gestire.
A settembre, anche quando tutto sembra pronto (zaino nuovo, grembiule stirato, orari organizzati), dentro di noi e nei nostri figli si muove qualcosa di più profondo: l’ansia da separazione.
Questa paura è universale, soprattutto tra i 0 e i 6 anni, ma può riattivarsi anche nei bambini più grandi, specialmente dopo le vacanze estive, dove il legame con i genitori si è spesso rafforzato.
Eppure c’è un dato rassicurante: questa paura è sana ed è il segno che esiste un legame.
Cosa sente un bambino?
Nel momento del distacco, un bambino può provare:
- Confusione: “Perché devo andare via proprio ora che sto bene con te?”
- Rabbia: “Non voglio che tu mi lasci!”
- Paura dell’abbandono: “E se non torni?”
- Regressione: comportamenti più “infantili” del solito (pianto, richieste continue)
Il bambino non ha ancora le parole per spiegarsi, ma parla con il corpo e il comportamento.
Accogliere questi segnali senza punire né correggere è il primo passo per rassicurarlo.
Tre segnali da osservare e accogliere
- Maggiore dipendenza: ti cerca di più, chiede di dormire nel letto con te, si aggrappa.
→ Non è capriccio: è bisogno di sicurezza. - Rifiuto verbale del nido/scuola: “Non ci voglio andare!”
→ Non è ostinazione: è paura dell’ignoto. - Cambiamenti nell’umore o nel sonno: incubi, irritabilità, silenzi.
→ Non sono problemi da risolvere in fretta: sono emozioni da contenere.
Il corpo parla là dove le parole non bastano.
Per esempio, un rifiuto di mangiare o di andare a scuola può essere un modo per dire “ho bisogno di essere rassicurato”. È importante non zittire tutto ciò, ma comprenderne il significato.
Come aiutiamo i bambini (e noi stessi) a vivere meglio il distacco?
Racconta cosa succederà, con parole adatte all’età. Dai nomi alle emozioni:
“Domani tornerai a scuola, rivedrai i tuoi amici ed imparerai tante cose nuove. Anche se all’inizio ci mancheremo, staremo bene. E io non vedo l’ora di aspettarti all’uscita della scuola per sapere come sarà andata. Avremo tanto da raccontarci”.
Non dire “non succede niente” quando si piange:
Meglio dire “capisco che è difficile salutarsi, ma ci rivedremo presto”.
- Leggete libri insieme sul tema della separazione
Le storie aiutano i bambini a elaborare ciò che provano. Leggendo insieme, il bambino riconosce le proprie emozioni e impara che la separazione è temporanea.
- Giocate al “ci vediamo dopo”
Con bambole, peluche o piccoli teatrini. Il gioco simbolico anticipa e rielabora la separazione.
- Create rituali di saluto
Un saluto giocoso e speciale, una canzoncina, un gesto ripetuto dà sicurezza.
Il rituale rende il distacco prevedibile.
- Anche tu genitore hai diritto a sentiti fragile
Se si commuove o è in ansia, non colpevolizzarti.
Accettare le proprie emozioni è il modo migliore per insegnare al proprio figlio a fare lo stesso.
Quando serve un supporto in più
Se la sofferenza del bambino (o del genitore) diventa persistente chiedere aiuto è un atto di cura.
Uno psicologo può aiutare a leggere meglio i segnali, rafforzare le risorse familiari e costruire insieme un ponte tra il “prima” e il “dopo”.
Il distacco non è una rottura. È un ponte verso l’autonomia
Il distacco dai propri genitori fa parte della crescita, ma può essere vissuto con empatia, ascolto, verità e presenza. Settembre non deve essere uno strappo improvviso, ma un cammino condiviso verso l’autonomia.
E se c’è un momento perfetto per iniziare questo cammino… è proprio adesso.
a cura della dott.ssa Angela Camelio